PROLOGO: Manhattan Criminal Court Building

 

Odio le mode.

Anche quando, per una volta tanto, coincidono con il mio punto di vista.

A volte mi chiedo chi detesti di più, un pubblico pronto ad indignarsi sull’onda della pubblicità più urlata, o chi commette tali crimini da meritare tale pubblicità. O i media che sembra abbiano stagioni di letargo fra un crimine e l’altro.

Nel dubbio, evito di accodarmi. Faccio quello che devo per ripulire il mondo, in base al mio calendario. Ho un’agenda molto fitta.

Vi presento la macchia da ripulire di oggi: Padre Flanagan Marley, della congrega di St. Mary Celeste. 50 vittime, 30 comprate, 12 suicide, 8 che hanno avuto il coraggio di farsi avanti.

E guarda guarda chi c’è dietro di lui, con il suo sorriso delle grandi occasioni per le telecamere: nientepopodimeno che Marcus T. Harrison, avvocato di lusso della peggiore feccia d’alto bordo. Quasi mi scappa da ridere: quel vecchio pedofilo ha avuto un bel coraggio a prendersi un simile difensore. La migliore prova che nel peggiore dei casi, la Santa Sede gli darà un buffetto, la laicità e una vecchiaia serena. Vedo nel mirino telescopico le labbra di Marley muoversi mentre cincischia di un’ingiustizia riconosciuta, di innocenza, padri fondatori eccetera eccetera.

Tanto la giuria l’ha giudicato non colpevole. Le sue vittime non potranno farlo processare nuovamente. E quelle suicide non hanno avuto neanche un funerale decente. Spiacente, figlioli, Dio perdona i pervertiti, non i malvagi che muoiono nel peccato.

Ecco dove serve un buon intermediario.

Premo il grilletto.

 

 

MARVELIT presenta

IL PUNITORE

Episodio 16 – Anime Perdute

Di Valerio Pastore

 

 

Il proiettile .408 Chey Tac trapassa il cranio del prete come un pezzo di pane, mantenendo gran parte della sua velocità di circa 1.000 Mt/s. Il suo cranio esplode come un cocomero. Il suo cervello e frammenti d’osso si spargono sul volto del suo avvocato, ma neppure Harrison ha il tempo di rabbrividire. Il proiettile gli porta via la metà sinistra della faccia dallo zigomo al mento. Non sorriderà per un bel pezzo, alle giurie.

Il cadavere del pedofilo gli cade addosso. Harrison cerca di urlare, ma è difficile con la bocca ridotta a quel modo. Entrambi formano un mucchio scomposto ai piedi della loro scorta.

Il tempo riprende a scorrere. I dimostranti vanno nel panico, si sparpagliano come pecore in un temporale. La polizia fa quadrato sulla scena del crimine, senza sapere dove puntare le pistole.

 

E’ il momento di ritirarmi. Prendo il fucile, lo smonto e lo ripongo nella custodia. Negli appartamenti vicini hanno alzato il volume di radio e TV. Nessuno ha il fegato di sporgersi, e poi perché rischiare una pallottola, quando puoi vederti tutto nei fantastici dettagli di uno schermo al plasma con tanto di commenti?

Il silenziatore concepito da Microchip ha funzionato da favola. Di solito questi affari rallentano il proiettile o peggio, ne deviano la traiettoria. Il ragazzo ha le mani d’oro.

Esco dalla stanza. Corridoio libero.

Quando arrivo alla portineria, per il proprietario sono solo un tizio con l’aspetto di essersi fatto troppi cicchetti e una valigia di cartone rappezzato. Meglio non correre rischi: ultimamente mi sono fatto nemici di quelli veramente da novanta. Finché le acque non si saranno placate, meglio un travestimento di un agguato.

Mi dirigo al furgone, parcheggiato accanto a un parchimetro ben rifornito. E’ una seccatura dovergli rifare periodicamente il lifting, ma sempre meglio che tornare a muoversi solo a piedi o su auto rubate.

Le ambulanze sfrecciano davanti a noi, mentre salgo a bordo.

“La polizia è andata in tilt, amico! Sul CB stanno smadonnando che fra poco si fonde.” Microchip è un mio ammiratore, gli devo la vita e le nuove attrezzature. “I classici due piccioni, eh?”

“Parti.” Io ho smesso di essere giovane da un pezzo. E so che agitarsi come un forsennato nel posto sbagliato attira le orecchie sbagliate.

“Okey-Dokey.” Il furgone si immise nel traffico senza fretta. “Allora, qual è la prossima mossa?”

“Fare una visita all’Arcivescovato di NY. Marley ha fatto vittime in almeno quattro diocesi, prima di finire in tribunale. Voglio il suo angelo custode.”

“Comprensibile. Che muso nero che hai, nonna, però. Non saranno i primi pedo che togli dal mondo, no?”

“Ho fatto il seminario, da ragazzo.”

“Oh.”

“Padre Rosa. Mai saputo il suo nome, non lo sapevano neppure quelli che avevano speso una vita in quel quartiere. Lo so, sembra un cognome scemo, ma credimi lui era tutto tranne un fiore di campo, quando si trattava di tenerci lontani dai guai. Tipo segaligno, un don chichì come lo chiamavano i grandi. Ma sapeva guardare un mafioso svezzato a piombo dritto negli occhi e farlo tornare a casa con la coda fra le gambe solo parlandogli. Credo che si possano contare sulle dita di una mano le volte in cui ha dato un ceffone a un ragazzo in tutta la sua vita. Una volta, vide il poliziotto di quella zona prendere una bustarella. Rifiutò di fargli mettere piede nella parrocchia fino a quando non si fosse denunciato ai suoi superiori. Gli promise che non gli avrebbe neppure battezzato la figlia, se fosse stato necessario. Non credo che avrebbe messo in atto una simile minaccia, ma ricordo che l’agente Thomson divenne bianco come un cencio. Il giorno dopo restituì il distintivo.”

Chip fischia “Tipo tosto.”

“Già. Tutti sapevamo che faceva vincere la tombola di natale alle famiglie messe peggio, ma guai a farlo notare. La sua carriera finì a settantacinque anni, a un passo dal ritiro, per infarto. Credo che sia stato l’unica persona a portarmi molto vicino a Dio. Per questo odio ancora di più i depravati che si nascondono dietro la croce. Ma peggiori ancora sono i loro superiori, che anziché consegnarli alla giustizia, li trasferiscono da una diocesi all’altra a fare nuove vittime. Marley ne aveva due al suo attivo, nel Texas, prima di essere portato nel Montana, e da lì a Newark, poi il New Jersey e infine qui.”

“Lo so, capo. Ti ho procurato io i dati… Posso chiederti una cosa?”

“Spara.”

“College, caserme, scuole laicissime… Insomma, ‘sta piaga è diffusa come la peste. E’ per via di questi tuoi ricordi che ce l’hai particolarmente su con la Chiesa?”

“C’è voluto molto, troppo tempo per i miei gusti, ma non scordare una cosa: se prima simili istituzioni preferivano lavarsi i panni in casa piuttosto che svergognare il loro buon nome, oggi la tendenza è isolare e consegnare alle autorità le mele marce proprio per fare vedere che non sono covi del peccato. L’esercito considerava il nonnismo una specie di tradizione, come una lunga iniziazione alle confraternite. Entrambe oggi sono passibili di severe denunce penali. Si cerca di non farsi beccare, ma quando succede te la puoi cavare solo se hai degli agganci importanti, ma di norma non vai in un’altra scuola senza neanche una nota. La trasparenza avanza, e i consigli di amministrazione hanno capito che conviene loro prevenire i problemi piuttosto che perdere cause multimilionarie.

La Chiesa, invece, ha continuato a comportarsi al di fuori della legge in questa materia. E anche il recente scandalo mondiale è stato affrontato come se fossero loro le vittime di un gigantesco complotto, di un chiacchiericcio mediatico per screditarli, arrivando a paragonarsi agli ebrei durante la shoah. A proposito, Padre Rosa non appoggiava la tesi degli ebrei deicidi, era un grande amico del rabbino locale, e ha presenziato ad almeno un paio di Bar Mitzvah, durante il mio seminario.”

“OK, penso di avere capito. Intendi passare alle tonache, per un po’, quindi?”

“No. Ma intendo lasciare loro un messaggio preciso. Dovrai fare un po’ di straordinari al computer. A proposito, hai inviato la prima parte dei file ai media?”

Chip sorride come un furetto, e accende la radio sulla voce di un’annunciatrice della WNN Radio. “…Ed è di pochi minuti fa la notizia che la vittima del cecchino, Padre Flanagan Marley, era stato ripetutamente spostato in almeno cinque diocesi pur sapendo delle sue attività criminali. Il Vescovo, William Gravis, rifiuta di commentare questa notizia…” Chip spegne la radio. “Saranno troppo occupati a farsela addosso e a preoccuparsi del cecchinaggio dei media invece che del nostro. Che merda devo spalare, a proposito?”

“Viagra per gli scribacchini, abbastanza da riempire una chiave USB da 25 Gigabyte. Ma prima, preparati ad inviare la seconda tranche di bombe.”

“Okey-Dokey. Senti, non per fare il tigna, ma per quella faccenda di cui ti avevo accennato..?”

“Va bene, ma ricorda: niente tracciabilità, e niente che tu non possa portarti addosso.”

Chip quasi si mette a gongolare, e per un attimo torna il ragazzino innocente che era. Prima che suo padre gli mostrasse il lato brutto della vita.

Ma meglio pensare a che strategia adottare con l’arcivescovato. Ho come l’impressione che non accoglierebbero il Punitore a braccia aperte.

Com’è quella storia sul lupo vestito da agnello..?

 

Uffici della Procura Distrettuale

 

“FBI?” Il Procuratore Bill Hao fissava con curiosità il distintivo esibito dall’uomo in nero.

“Agente Speciale Alex Cabot.” L’uomo ripose il distintivo in tasca. Si sedette senza essere stato invitato a farlo dal suo ospite. “I miei capi pensano si tratti di un caso di terrorismo domestico.”

“L’omicidio di un prete pedofilo? Detto fra noi, il pubblico li vorrebbe tutti così, i terroristi.”

‘Killer’ Cabot si permise l’ombra di un sorriso. “Abbiamo fatto una botta di conti con il proiettile e i segni che si è lasciato dietro. Li abbiamo incrociati con i rilevamenti della scientifica, e siamo giunti alla conclusione che il killer deve avere usato un’arma di precisione militare, come un C14 Timberwolf MRSWS, un’arma in dotazione alle forze terrestri canadesi. Un’ottima arma che purtroppo estende il raggio di azione di almeno un chilometro dal cadavere. E ci vuole un certo grado di addestramento per mettere a segno un simile colpo, non è roba che si impara sparando al poligono la domenica.

“Per farla breve, l’FBI vuole trattare questo caso come terrorismo domestico. Lavoreremo fianco a fianco usando i nostri uomini migliori.”

“Usando i nostri ragazzi come schiavetti per il lavoro sporco, immagino. E perché pensate di potere entrare qui a vostro piacimento e dirci come gestire le indagini? Non che mi dispiacerebbe, almeno sareste voi a prendervi i calci in culo dai politici che volevano il caso risolto ieri.”

“Perché, con tutto il rispetto, qui parliamo di un professionista, un lupo solitario abituato a colpire svelto e a nascondersi in fretta. Non credo proprio che lo troverete sguinzagliando un paio di detective a fare domande in giro.”

“Ci perdoni se non abitiamo nel vostro empireo, signori del mondo.” Bill picchiettò col dito su un fascicolo aperto di fronte a lui. “Ma abbiamo anche un’altra pista da controllare. Ha mai sentito parlare del caso del Cecchino?”

“Uno sconosciuto che uccideva persone a caso con un fucile di precisione[i]. Sospettavate che si trattasse del Punitore, se non erro.”

“Un errore di identificazione. Il Punitore non uccide innocenti a casaccio. Persino quando operava sotto l’effetto di un allucinogeno, lo faceva estremizzando il suo codice morale. Ma gli omicidi casuali non sono nel suo M.O. Certo, per questo caso non ci sentiamo di escluderlo, ma se il colpevole fosse lui, la vostra teoria del terrorista va a farsi benedire.” Gli mostrò un sorriso sarcastico. “Secondo voi chi è stato? C’è stata una rivendicazione?”

“Nessuna. Per ora.”

“Capisco. Senta, agente speciale Cabot, mi dispiace che per colpa di quel bastardo vi siate giocati un testimone chiave contro il Maggia[ii]. E, come rappresentante della legge, trovo ancora più odioso che ve l’abbia soffiato da dentro un tribunale. Ma non per questo intendo permettervi di fare la vostra caccia all’uomo sul mio territorio. La vostra collaborazione sarà bene accetta, ma fino a quando non avrete le prove che c’entra il terrorismo non vi darò in mano l’indagine. Chiaro?”

‘Killer’ Cabot non aveva fatto carriera chinando la testa davanti agli altri come un bambino colto con le mani nella marmellata. Senza neppure scomporsi, rispose, “Voglio Frank Castle. Spero proprio che sia stato lui, anzi ne sono fermamente convinto. E se ho ragione, le vostre possibilità di prenderlo sono grossomodo zero, e ancora meno quelle di tenerlo dentro, visto il suo numero di evasioni. Ha commesso omicidi da una costa all’altra, basterebbe questo per darci la priorità, e lei lo sa. Ma, visto appunto che non c’è niente di certo, fate quello che dovete. Per ora. Ma appena avremo la certezza che è coinvolto, vi passiamo sopra, sotto, attraverso o come altro desidererete, e lo prenderemo.”

Bill Hao annuì. Non sembrava minimamente preoccupato. “L’ossessione è una brutta bestia, agente speciale. Vada al distretto, e si presenti al Detective David Mills, offrendogli piena collaborazione. Magari imparerà qualcosa.”

Torvo in viso, Cabot si alzò ed uscì senza neppure salutare.

 

Appena Cabot fu fuori dal maestoso edificio, ritrovò magicamente la sua compostezza… Cioè, abbandonò la maschera del mastino arrabbiato. Attivò il microfono bluetooth all’orecchio. “Stevens? Sto andando al distretto. Come è messa la squadra all’arcivescovato?”

 

“E’ tutto pronto. Abbiamo uomini in tutti i punti chiave, dentro e fuori. A meno che non voglia aprirsi la strada a colpi di lanciarazzi—“

“Lascia stare le metafore,” lo interruppe Cabot. “E ricordate di attenervi strettamente al piano. Cercherà di entrare di soppiatto, non deve neppure odorare la vostra presenza. Se questa operazione salta, scriverò le condoglianze alle vostre vedove. Chiaro?”

Stevens impallidì. “Sissignore.”

 

“Non mi imbrogli, figlio di puttana,” mormorò Cabot. “E’ che vuoi andare. Io lo farei.”

Erano tempi brutti, se doveva trovarsi a difendere il complice di un depravato, ma non sarebbe arrivato alla pensione senza essersi messo addosso la medaglia più ambita. Il Punitore era ricercato da ogni possibile agenzia per la tutela della legge, Associazione dei Boy-Scout compresi. I media lo adoravano, con lui era prima pagina sicura. Le vittime dei cavilli legali tifavano apertamente per lui.

Com’è possibile che un singolo essere umano riesca a fregare il sistema per così tanto tempo? Non aveva l’appoggio di famiglie criminali, i supereroi lo schifavano, non aveva superpoteri, ma aveva ripulito la lista dei most wanted meglio di un plotone di boia del braccio della morte. Si diceva che alcuni direttori delle prigioni più difficili lo avrebbero voluto ospite per liberare spazio e far risparmiare soldi ai contribuenti.

Cristo, la CIA lo avrebbe assunto per un po’ di lavoretti..!

Be’, Mr. Castle, ‘Killer’ Cabot era qui per mettere una pietra tombale sulla tua carriera. Tutte le ideologie e i desideri di giustizia arbitraria, giusti o sbagliati che fossero, si fermavano di fronte alla legge!

In quel momento, ricevette una chiamata. “Che c’è?”

 

“Un casino, signore,” disse Stevens da dietro il cancello, mentre in strada si stava radunando una folla inferocita. Mancavano solo torce e forconi. “Si trova vicino ad un televisore, signore?”

 

Cabot stava passando davanti ad un bar. Lanciò un’occhiata allo schermo…e per poco non ebbe un colpo. Entrò in tempo per godersi un lungo speciale della WNN, roba da eclissare il recente servizio su Lykopolis. Quelle immagini erano una festa dello scandalo. C’era di tutto, puttane, ragazzini, droga, elenchi dei redditi, e soprattutto foto e nomi. Non era necessario che fosse tutto vero, o almeno tutto riconducibile ad una sola persona, ma materiale del genere era roba da uccidere una carriera presidenziale per i secoli a venire.

E Padre William Gravis veniva dipinto molto eloquentemente come la testa pensante di un giro di corruzione morale ed economica da fare venire il mal di testa. Le date parlavano di un’attività vecchia di almeno trent’anni.

I giornali più blasonati avrebbero aspettato…quanto? prima di verificare le fonti, forse un giorno, ma i tabloid avrebbero venduto parecchie edizioni straordinarie, e c’era da scommettere che i talk show stavano già spartendosi quell’osso così generoso.

Ventiquattr’ore, e folle di vittime divenute adulte e di genitori irati avrebbero linciato William Gravis.

Castle! La mente di Cabot fu letteralmente fulminata da quella realizzazione. Era lui, la fonte: aveva dipinto un bersaglio su Gravis, concentrando l’attenzione su di lui. Nonostante la situazione, Cabot dovette concedersi un sorriso compiaciuto, ammirando la tattica. Se l’idea era quella di sorvegliare il territorio alla ricerca di un sospettato, ora avrebbero dovuto filtrare centinaia fra manifestanti e reporter.

Ma anche questo piano aveva un punto debole: se Castle si aspettava che l’FBI trasferisse il suo uomo, si sbagliava. E il Punitore non avrebbe rischiato uno scontro a fuoco in mezzo ai manifestanti, davanti ai media. Ti piaccia o no, devi venire nella tana del lupo, carogna!

“Stevens? L’ordine è di mantenere le posizioni.”

“Signore?”

“Smettila di sembrare Palladilardo! Mi hai capito benissimo. Aprite quel &%$£ di paia d’occhi supplementari e usateli. Chiudo.”

 

Non reagiscono come speravo. Peccato.

“Piano B, capo?”

Abbasso il binocolo e annuisco. L’FBI ha i nervi saldi e le ha pensate tutte. Se e quando traslocherà la carogna, lo farà dopo avere elaborato un percorso e dei mezzi degni della scorta presidenziale. Inoltre, dopo l’uscita del tribunale sono ad un passo dall’essere dichiarato ufficialmente un terrorista, un attacco all’FBI non farebbe bene alla mia reputazione.

“Perché non accontentarli?”

 

‘Fondamentale in tutte le guerre è lo stratagemma’, dice Sun Tzu.

I migliori sono quelli che il nemico è meno propenso ad attendersi, dico io.

In casi come questo, la folla è la tua migliore amica. Mi faccio largo fra i manifestanti. Sono tutti occupati ad esprimere la loro borghese indignazione, mentre mi avvicino al cancello. Ci sono un paio di autopattuglie nei paraggi, ma non riescono a dividere la marea umana. Ci vorrà un po’ prima che riescano a stabilire un cordone sanitario.

Nessuno mi riconosce, per ora. All’inizio, anche le due guardie si limitano a scrutare i volti in cerca magari di qualche arabo che voglia approfittarne per la sua piccola Jihad. Poi vedono il mio simbolo sotto l’impermeabile. Diventano due cenci. Uno di loro mi punta addosso il fucile. L’altro lo trattiene a stento.

Come ho detto, la folla è la mia migliore amica. Questi non sono mafiosi che sparerebbero senza pensarci su due volte, non vogliono finire in galera per strage. Senza contare che sicuramente il loro superiore gli avrà detto di prendermi vivo. Valgo troppo.

Mi fermo davanti alle sbarre. Metto le mani dietro la testa. La folla, un po’ alla volta, tace. Cala un silenzio irreale.

Lo rompo per primo. “Un consiglio per il bene di tutti, porcellini: aprite la porta e fatemi entrare. Sono disarmato.”

I due si scambiano un’occhiata di totale confusione. Intanto, arrivano i rinforzi.

“E perché dovremmo farti entrare, Castle?”

Mi volto, sempre tenendo le mani dietro la testa. Ed eccolo lì, addirittura il grande Alex ‘Killer’ Cabot in persona, che mi punta una pistola addosso.

“Perché voglio parlare con il vescovo.”

“Dovrei ridere?”

“Mi vedi ridere?”

“C’è una sola ragione per cui non dovrei piazzarti una pallottola in testa e liberare il mondo dalla tua presenza?”

“Ne hai due: la prima è che non ti lasci scappare l’occasione di metterti in tasca una promozione per il mio arresto davanti ai media. Un omicidio a sangue freddo fa malissimo alla carriera. La seconda è che nelle mani stringo un detonatore dell’uomo morto. Vuoi vederlo?”

“Muoviti lentamente.”

Lo faccio. Mostro lo scatolino di plastica con il pulsante ben premuto. “Lascio il pollice, e dovrai mettere insieme i tuoi uomini e l’arcivescovo nello stesso bidone della spazzatura.”

“Stai mentendo.”

“Quando ho piazzato quegli esplosivi, non sapevo che avreste messo la scorta.”

“Non oseresti.” Non mi crede, sa che è impossibile. Ma davanti alle telecamere, sto facendo io la figura del cattivo. Se lui sceglie di chiamare il mio bluff, non importa che abbia ragione o no, si becca una tonnellata di mattoni.

Alziamo la posta. “Hai visto il servizio? Quello è un covo di depravati, una casa chiusa ha più dignità. Sapevo cosa sarebbe andato in onda, e ho predisposto tanto di quel C-4 da mandare l’intero edificio in orbita. Il verme non mancherà a nessuno.”

“Diglielo, Punitore!” urla qualcuno. Imitato da una donna, e poi da qualcun altro… Questa gente vuole sangue, a costo di rimanere ferita.

“Voglio solo fare quattro chiacchiere con l’arcivescovo. In vostra presenza. Niente telecamere. Solo il tuo esercito come spettatori e il mio detonatore come garanzia. Allora, abbiamo un accordo?”

Cabot rinfodera la pistola. Agli uomini al  cancello dice, “Fatelo entrare.” Non ha la faccia di uno che ammette repliche.

Entro. Cabot mi affianca rapidamente. Mi perquisisce e verifica che non sia armato. Al suo posto, un altro avrebbe già disperso tutti i suoi uomini alla ricerca degli esplosivi, fatto chiamare gli artificieri, preparato l’evacuazione.

Ma so che questo non sarà il caso. Conosco Cabot di fama, non è solo l’ennesimo ‘duro’ degli uomini in nero. Sa giocare d’azzardo, dopo trent’anni di servizio sa distinguere un bluff. Sta solo aspettando di essere fuori dalla portata delle telecamere, e ha fatto la recita per fare bella figura con i media.

Quando siamo dentro, mi rivolge un sorriso da volpe. I suoi uomini mi tengono le armi ben puntate addosso. Neanche Chuck Norris potrebbe disarmarli tutti contemporaneamente, e scommetto che senza testimoni scomodi, Cabot è pronto a giocarsi il suo arresto eccellente, tanto una medaglia gliela danno lo stesso. “Fine del gioco, Castle. Ora fatti ammanettare e niente scherzi. Cosa credevi di fare?”

Tengo ferme le mani dietro la testa, mentre un agente si prepara a mettermi i braccialetti.

Cosa voglio fare?

Sollevo il pollice.

Il suono colpisce con la forza di un maglio il sistema nervoso di chiunque nel raggio di venti metri. Più che sufficienti, per me.

Le vetrate esplodono come popcorn. Cabot & Co. cadono in ginocchio urlando, reggendosi le orecchie. Raccolgo quattro Glock 23 d’ordinanza. Due le infilo rapidamente nella cintura, le altre in mano e via. Quando mi allontano di corsa per le scale, le batterie dell’apparecchio sono terminate, ma i suoi effetti si faranno sentire ancora a lungo. Mi tolgo i tappi dalle orecchie. La cosa più seccante sarà non usare la forza letale, ma se tutto va bene non dovrò perdere molto tempo, qui.

Altri agenti irrompono dall’ingresso. Sembrano rallentare, poi riprendono a correre nella mia direzione. Cabot li ha istruiti bene, mi piace quel tizio.

Ed eccoli là i miei primi tre ostacoli in cima alla scala. Sparo per primo, senza fermarmi. Due disarmati, uno al ginocchio. Questa è la parte che davvero odio di più, questi sono bravi ragazzi, non sicari prezzolati! Un’altra cosa per cui Gravis sta per pagare. “Chip, dimmi che non è fuggito.”

 

Il furgone del Punitore era solo un altro veicolo nella coda causata dalla crescente folla di manifestanti.

Al suo interno, Microchip sembrava solo godersi il suo smartphone in attesa che il traffico migliorasse.

Lo schermo mostrava la cappelletta adiacente le stanze dell’arcivescovo, e una singola figura solitaria in ginocchio mostrata in falsi colori. “Non solo non è fuggito, ma sembra proprio che stia pregando, ed è tutto solo. Speriamo che non sia un LMD[iii].”

 

“Non credo sia nel loro budget.” Chiudo la comunicazione. Padre Gravis sta confessando i suoi peccati a colui che tutto già sa? Buona idea, confessore sbagliato.

Mi fermo all’angolo del corridoio che porta alle stanze. I proiettili volano e si conficcano nel legno ad un soffio dal mio volto. I miei inseguitori si avvicinano rapidamente.

Rinfodero per ora le pistole. Sollevo il piede destro. Un pulsante apre la suola, l’unico posto dove Cabot non ha guardato, rivelando due cubetti di plastica. Li prendo. Strappo la linguetta, attivando i reagenti chimici. 3-2-1…

Ne lancio uno in corridoio, uno dietro di me. Flashbang, piccole ma potenti, a corto raggio. Il lampo acceca temporaneamente gli agenti, il suono li disorienta, il gas sedativo fa il resto, entrando anche attraverso la pelle e li fa addormentare un attimo dopo. L’antidoto con me funziona.

 

La porta è aperta. E’ arrivato il lupo cattivo, porcellino.

Estraggo una pistola. Colpo in canna. Entro nella cappella.

“Sei qui per uccidermi?” Padre Gravis non si muove, non volta neppure la testa. La sua voce è ferma, pacata più che rassegnata.

A prima vista la stanza è pulita. Chiudo la porta. Rinfodero la pistola. “No.” Mi siedo su una panca proprio dietro di lui. “E non offendermi dicendo che hai fatto pace con Dio, a meno che tu non abbia chiesto anche l’estrema unzione.”

“Perché sei qui?”

Osservo la croce che spicca sulla parete sopra l’altare. E’ un bell’oggetto, di legno scuro, intagliato così bene che sembra vivo. O forse il Redentore sta soffrendo per questa ripetuta serie di offese –incluse quelle che gli ho recato, devo ammetterlo. “Se ti uccido, finirai di soffrire. Ripulito, mondato dei tuoi peccati. Ci potrebbe persino essere della simpatia mediatica, nei tuoi confronti.

“No, sono venuto qui per chiederti di consegnarti alla giustizia. Ti consegnerai, e confermerai ogni singolo fotogramma che è stato trasmesso in TV in un processo con giuria, a porte aperte. Non patteggerai nulla. Finirai in galera insieme a quei criminali che adorano dire la loro sui pedofili, religiosi o laici che siano.”

“Altrimenti?”

Prendo dalla tasca segreta della cintura una chiavetta USB. Un oggetto così piccolo, eppure capace di fare così tanto danno… “E’ una copia. Altre sono pronte a finire nelle mani dei media. Solleverà uno scandalo di dimensioni apocalittiche. Il vaticano diventerà radioattivo, l’Islam guadagnerà più credito nei prossimi mesi di quanto non abbia fatto negli ultimi cento anni. Fai come ti dico, e il fuoco si concentrerà su di te, mentre la giustizia, con un po’ di fortuna e perseveranza, scoprirà i vostri altarini in tempi e modi tali da farvi male, ma da attutire il colpo.”

Qualcuno inizia a bussare violentemente alla porta. “Castle!” Uhm, Cabot si è ripreso. “Non fare sciocchezze, o ti giuro—

“Provate solo a entrare e gli sparo,” dico. Calmo, fagli capire che hai il pieno controllo della situazione. I pugni cessano. Potrei sentire Cabot che trattiene il respiro.

Gravis mi dice, “Lasceresti passare impuniti i peccati che hai scoperto per prendere un solo peccatore?”

Scuoto la testa. “Ho una bomba atomica fra le mani, padre. Usarla causerebbe nel tempo danni collaterali incalcolabili. Verrebbero sfiduciate tante brave persone che non meritano di lavorare al fianco di depravati come voi. Sta a voi decidere di raddrizzarvi la schiena, e per ora sono costretto a darvi il beneficio del dubbio e fare in modo che almeno tu confessi i tuoi sporchi altarini.

“Padre Marley, invece, era un assaggio di quello che farò se continuerete a nascondervi e a prendere in giro coloro che avete fatto soffrire. Vi tratterò come tratto la feccia a cui do oggi la caccia. Vi troverò fin nel cocito, se sarà necessario.”

“Non temi la punizione divina per queste tue parole?” Poi vede l’espressione nei miei occhi, e impallidisce.

“Ne parlerò con Lui quando me lo troverò di fronte. Per ora, consideratemi la sua punizione, Arcivescovo.” Mi alzo in piedi e lo tirò su senza tanti complimenti. “Ora sai cosa fare, vero?”

Lui annuisce. Procede al mio fianco mentre vado alla porta. La apro, ed eccolo lì il plotone di esecuzione.

“Lasciatelo andare,” dice Gravis, seguendomi docilmente. “Dite alla polizia di venire a prendermi all’ingresso principale. Garantirò con la mia incolumità, se necessario.”

“Ma…” Cabot quasi perde i capelli per la rabbia.

Gravis lo fissa con severità. “Vi ricordo che siete qui su mio permesso. Non osate dissacrare questo luogo più di quanto non lo sia già stato.”

Ad un cenno di Cabot, le armi vengono rinfoderate. Aiuta il fatto che le mie non siano nelle mie mani.

 

Quando arriviamo all’esterno, il cordone sanitario è stato stabilito. I manifestanti lanciano vari oggetti contro la cancellata. L’auto della polizia è pronta ad accogliere Gravis. Ci scambiamo un’ultima occhiata. So che manterrà la parola, e ho tolto il caso all’FBI e alla politica. Una buona giornata di lavoro, tutto sommato. La folla applauda nel guardare un criminale salire in macchina, e molti inneggiano a me. Gli agenti sono tesi, confusi.

Prima che le autorità possano reagire schizzo verso la folla! Salto la transenna, e mi dileguo fra dozzine di altri abiti civili. La gente fa quadrato, la folla mi inghiotte.

 

“Ti hanno chiesto l’autografo?” fa Chip, quando salgo sul furgone.

“Spero che non lo facciano mai.”

Il veicolo riparte. “Già. Sarebbe una bella seccatura se nel mezzo di un agguato qualche turista texano cominciasse a scattarti foto. Ammettilo, però. E’ bello essere un eroe, eh?”

“Faccio solo il mio lavoro.” Ed uno molto interessante mi aspettava…



[i] Epp. 11-13

[ii] Ep. 14

[iii] Life Model Decoy